venerdì 11 giugno 2010

non c'è acqua da perdere

di Pina Di Cienzo e Luciana Colavecchia da Il Bene Comune
Superata la soglia delle 500 mila firme, l'obiettivo che il Comitato Promotore si era posto (700mila) è ormai in vista e può essere superato. Ma le attività e le campagne di sensibilizzazione sulla tutela dei beni comuni proseguono. Ne abbiamo parlato con Delia Brienza, Chiara Santone, Massimo Lupo e Andrea di Iorio, giovani rappresentanti del Comitato Acqua Pubblica Molise che si impegna a raccogliere le firme per arrivare al referendum nazionale e difendere così un bene essenziale: l'acqua, come diritto umano universale, da salvaguardare dal mercato e dai profitti.

Quando è partita la campagna di raccolta firme per il referendum e quando terminerà?
Andrea di Iorio: a livello nazionale il Forum dei movimenti per l'acqua ha stabilito dei termini tassativi entro i quali portare a termine la raccolta delle firme. L'obiettivo di 500.000 firme da depositare in Cassazione per ciascun quesito referendario deve necessariamente essere raggiunto nell'arco temporale di tre mesi. In tutta Italia la data di prima vidimazione dei moduli è stata il 22 aprile 2010; entro il 21 luglio i moduli completi di 500.000 firme, autenticate e certificate, dovranno essere depositati presso la Corte di Cassazione a Roma dalla segreteria operativa centrale. In Molise abbiamo scelto di partire con la raccolta delle firme nei giorni 24 e 25 aprile coincisi, come in tutta Italia, con i festeggiamenti per la liberazione nazionale. Si punta a terminare la campagna nei primi giorni di luglio, in modo da avere il tempo di organizzare la consegna dei moduli completati, autenticati e certificati, alla sede nazionale in tempo utile.
Tre firme per tre quesiti. Cosa si propongono di abrogare nello specifico?

Andrea di Iorio: i tre quesiti hanno lo scopo di abrogare tre norme. Il primo quesito si propone l'abrogazione dell'art. 23 bis (dodici commi) della legge n. 133/2008. È l'ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Con questa norma si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 su 92 ATO (Ambiti territoriali ottimali, ndr) che o non hanno ancora proceduto all'affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti, cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma, inoltre, disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l'affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015. Il secondo quesito si propone l'abrogazione dell'art. 150 (quattro commi) del decreto legislativo 152/2006 (cosiddetto codice dell'ambiente), relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato. L'articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico la gara o la gestione attraverso Società per Azioni a capitale misto pubblico-privato o a capitale interamente pubblico. L'abrogazione di questo articolo non consentirebbe più il ricorso né alla gara, né all'affidamento della gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso l'obiettivo della ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Il terzo quesito si propone l'abrogazione dell'articolo 154 del medesimo codice ambientale, limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto della "adeguatezza della remunerazione del capitale investito". La parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a una qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Abrogando questa parte dell'articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe il "cavallo di Troia" che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, avviando l'espropriazione alle popolazioni di un bene comune e di un diritto umano universale.

Spesso, nel nostro Paese, la gestione pubblica delle risorse idriche non ha prodotto risultati ottimali: sprechi, perdita di acqua lungo le condotte... Perché pensate che l'ingresso dei privati, di una spa nella gestione (come prevede il decreto Ronchi) non migliorerebbe la situazione?
Massimo Lupo: come ben sappiamo, la gestione pubblica dell'acqua non è efficiente: secondo i dati Istat del 2008, in Italia circa il 47% dell'acqua potabile immessa nelle rete idrica va dispersa. In Molise, una delle regioni con i più alti tassi di dispersione, per 100 litri di acqua erogati, ne vengono immessi in rete circa 180. Ma la soluzione a questo problema non è quella di passare alla gestione privata per il semplice fatto che, così facendo, si farebbero gli interessi degli azionisti e non della collettività, peggiorando la situazione. Nella provincia di Agrigento, dove i privati sono subentrati nella gestione dell'acqua da circa 3 anni, le bollette sono diventate le più care d'Italia (in media circa 440 euro all'anno, in Italia la media è di 240 euro) e la qualità del servizio è pessima: l'acqua non riesce ad arrivare contemporaneamente in tutta la città e quando arriva non è potabile. I cittadini sono senza acqua anche per settimane e sono stati costretti a comprare delle cisterne da piazzare nei condomini per poter avere almeno l'acqua per lavarsi. A Parigi, invece, la privatizzazione dell'acqua è stata avviata più di venti anni fa, ma di fronte ai costi elevati e alla scarsa qualità dei servizi, dal gennaio 2010 si è proceduto ad una ri-municipalizzazione, generando un risparmio per il Comune di circa 30 milioni di euro l'anno, che verranno investiti in opere di risanamento delle reti. Anche altre esperienze privatistiche hanno evidenziato l'incompatibilità tra le finalità di una spa e la gestione di un bene comune. Ma se l'acqua si privatizzerà la bolletta non aumenterà solo per volere delle società gerenti; lo stesso art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006 (che il 3° quesito referendario vuole abrogare) prevede un addizione del 7% sulla bolletta, per la remunerazione del capitale investito. I referendum non lasceranno la situazione invariata, ma vi sarà una vuoto legislativo che potrebbe essere colmato con una legge di iniziativa popolare del Forum italiano per l'acqua pubblica, che definisce principi per la tutela, il "governo e la gestione pubblica delle acque e del servizio idrico".

Come procede la raccolta delle firme nella nostra regione?

Andrea di Iorio: la raccolta delle firme in Molise ricalca lo straordinario trend nazionale. In tutta Italia il forum si è prefissato l'obiettivo di raggiungere 750 mila firme, mentre per quanto riguarda la nostra piccola, ma molto attiva regione, l'obiettivo è quello delle 4 mila firme. In tutto lo stivale, in poco più di venti giorni di campagna, sono state raccolte oltre 515 mila firme e questo straordinario risultato è stato registrato, in proporzione, anche nella nostra regione, dove nello stesso lasso di tempo sono state ampiamente superate le 3 mila firme. Sono stati organizzati banchetti nelle principali piazze di Campobasso, Isernia, Termoli e negli altri centri della regione. Ora il nostro sguardo si rivolge ai quartieri delle città e in più ci stiamo organizzando per coprire il maggior numero di paesi del Molise. Oltre alla raccolta firme, considerando che l'obiettivo, è quasi raggiunto, il principale scopo delle nostre iniziative ora dovrà essere quello di informare e sensibilizzare sul tema dell'acqua pubblica e della tutela dei beni comuni quante più persone possibili. Il fine ultimo da raggiungere è quello di arrivare al quorum per tutti e tre i quesiti referendari.

In Molise, l'Ente pubblico Molise Acque assicura il rifornimento di acqua potabile ai serbatoi dei comuni molisani. Qual è la posizione di questo Ente rispetto al referendum e alle vostre richieste? Insomma quale sarà il futuro di Molise Acque?

Massimo Lupo: Stefano Sabatini, Presidente di Molise Acque, si è più volte espresso sulla questione ma, personalmente, trovo molte difficoltà nell'interpretare le sue dichiarazioni. Abbiamo appreso dalla stampa che è contrario alla privatizzazione dell'acqua, ma nello stesso tempo non ritiene poi così negativo il decreto Ronchi. Vorremmo che Sabatini prendesse una posizione più chiara nei confronti di questo referendum, appoggiandolo pienamente. Inoltre, proponiamo di aprire un tavolo tecnico ufficiale per la formulazione di una legge regionale; attualmente il compito di formulare la legge è stato affidato, dalla Regione Molise a Molise Acque, ma noi riteniamo necessaria la partecipazione di chi, dotato di appoggio popolare, vuole una gestione pubblica e partecipata del servizio idrico. Gli Enti istituzionali come si pongono rispetto alla campagna referendaria? Ci sono sindaci dalla vostra parte? Massimo Lupo: di fronte al concetto di "acqua pubblica" tutti, Enti ed individui, si sono espressi in maniera favorevole, ma è necessario sapere quali sono le concrete intenzioni. Impedire l'ingresso dei privati nel mercato dell'acqua è di fondamentale importanza, ma rappresenta solo il primo passo verso l'obiettivo di un governo pubblico dell'acqua che non tutti conoscono o vogliono conoscere (www.contrattoacqua.it). Dei 136 comuni molisani soltanto una quarantina si sono espressi positivamente sull'argomento, e ancor di meno sono quelli che hanno provveduto a cambiare il proprio Statuto comunale, riconoscendo l'acqua come "bene comune pubblico e patrimonio dell'umanità". La nostra regione può fare ancora molto, quindi rinnoviamo l'appello ai sindaci ricordando che possono allestire nei comuni uno spazio per la raccolta firme. Inoltre invitiamo i sindaci a modificare il proprio Statuto, ricordando che l'ordine del giorno deliberato da numerosi Comuni italiani è scaricabile dal nostro blog. (www.acquapubblicamolise.blogspot.com)

Ci sono partiti che appoggiano la campagna per l'acqua pubblica?

Andrea di Iorio: mi preme fare una premessa su questa questione. Il Forum nazionale dei movimenti per l'acqua, fin dalla sua costituzione, ha deciso di non accogliere i partiti nel comitato promotore, ma solo associazioni - tramite il coinvolgimento delle varie forze sociali e attraverso il coordinamento delle varie esperienze culturali, politiche e religiose interessate al tema - e liberi cittadini espressione della collettività. Ai partiti è stato concesso di aderire al comitato di sostegno del Forum. Il motivo di questa scelta è facile da spiegare. Lo scopo è quello di garantire la più ampia trasversalità su un tema di fondamentale importanza. Nessuna bandiera di partito ai banchetti e nessun riferimento a poteri politici. Questo è uno dei motivi che hanno portato, ad esempio, Antonio Di Pietro con la sua IDV a correre da solo o il PD a intraprendere iniziative collaterali. L'acqua è un bene comune che va condiviso. L'acqua è un diritto inalienabile e, come tale, deve essere sottratta a qualsiasi tentativo di mercificazione. Da qui la necessità di difendere la proprietà e la gestione pubblica dell'acqua attraverso il coinvolgimento a pieno titolo delle comunità locali, garantendone una tutela rigorosa e un accesso generalizzato al minor costo possibile. La battaglia che il comitato ha inteso intraprendere è innanzitutto una battaglia di civiltà, a difesa della vita, a sostegno di un accesso libero e universale ai beni comuni, a tutela di un elemento vitale, la cui proprietà deve essere di tutti. Al comitato di sostegno hanno aderito i seguenti partiti: Federazione dei Verdi, Federazione della Sinistra, Federazione dei giovani socialisti, Giovani democratici, Italia Unita, Lista civica "Per il Bene Comune", Partito Comunista dei lavoratori, Sinistra critica, Sinistra ecologia e libertà.
Che differenza c'è tra i quesiti referendari del Forum nazionale e la proposta di referendum presentata dall'IdV? Quali posizioni avete nei confronti di questo partito?

Chiara Santone: la presenza di due diversi e quasi contrapposti quesiti referendari rischia di ingenerare confusione nella corretta informazione che i cittadini dovrebbero avere rispetto ad un tema così importante come quello dell'acqua e di tutti i beni comuni. Il quesito presentato il 1° Aprile dall'IdV abolisce l'obbligatorietà del passaggio alla gestione privata introdotta dal decreto Ronchi, ma non preclude la possibilità ad ogni singolo Ente di scegliere tra la gestione pubblica o privata dell'acqua. I tre quesiti referendari promossi dal Forum nazionale, invece, partono da un indirizzo del tutto diverso, quello di rimarcare con forza che i beni comuni, compresa l'acqua, sono caratterizzati dal fatto di essere «a titolarità e tutela diffusa», il che vuol dire che sono le persone e i loro bisogni che individuano gli interessi da garantire. L'acqua non può e non deve avere rilevanza economica: questo è lo spirito che anima i quesiti nati dal movimento per l'acqua, che ha alle spalle quattro anni di storia, con una legge di iniziativa popolare ferma in Parlamento, centinaia di comitati locali e tantissimi comuni che si riconoscono nel principio dell'acqua pubblica.

La Chiesa cattolica si è espressa a favore dell'acqua pubblica. Molti cattolici sono in prima linea in questa battaglia come ad esemio Padre Alex Zanotelli. Pensate che il loro appoggio sia indispensabile in una tale battaglia di civiltà? E' possibile trovare punti di accordo tra chi ha diverse vedute al fine di fare percorsi comuni e lottare per la democrazia?

Delia Brienza: guardando questa "battaglia" dal punto di vista della partecipazione, credo che la presenza della Chiesa Cattolica sia fondamentale, come la presenza di tutti gli altri cittadini, in qualunque forma essi siano associati. La difesa di un bene comune come l'acqua non ammette esclusioni e non può che essere sostenuta da tutte le componenti della società civile. Trovare punti d'accordo è stato possibile anche se resta più difficile trovare in ogni componente del Forum quella voglia e forza di definire la loro partecipazione come impegno concreto.

Perché l'acqua quando ci sono altre emergenze altrettanto importanti da affrontare nel nostro Paese (nucleare, disoccupazione, razzismo, precarietà, fascismo, disarmo…)?

Chiara Santone: il decreto Ronchi colloca tutti i servizi pubblici essenziali locali (non solo l'acqua) sul mercato, sottoponendoli alle regole della concorrenza e del profitto, espropriando il soggetto pubblico e quindi i cittadini dei beni pubblici faticosamente accumulati e custoditi negli anni, sulla base della fiscalità generale. Questo indirizzo politico, portato avanti a partire già dallo scorso Governo, ricalca scelte e decisioni di portata mondiale: i cosiddetti GATS (Accordi generali sul commercio dei servizi) amministrati dal WTO (Organizzazione mondiale per il commercio, ndr), che si occupano di ogni servizio immaginabile. Questo accordo condiziona le scelte governative, regionali, provinciali e anche municipali; esso non si applica solo al commercio con l'estero, ma comprende molte aree di politica interna come l'ambiente, la cultura, le risorse naturali, la sanità, l'educazione e i servizi sociali. Purtroppo il GATS sta iniziando ad avere un significativo impatto sulla politica pubblica. Le "ricchezze" di un Ente locale (acqua, aria, territorio) sono sempre di più soggette ad una politica di "svendita" che spinge ciò che è pubblico nelle braccia del privato, che viene considerato la panacea di tutti i mali. Capire che queste scelte infauste sono gestite da organi sovranazionali (multinazionali e lobbies economiche) deve spingere i cittadini a partecipare di più alla vita sociale dei loro territori e a essere sempre informati sulle scelte fatte dalla politica per rivendicare un controllo democratico sui servizi pubblici e la garanzia di universalità di accesso agli stessi.

Come mai avete deciso di impegnare buona parte del vostro tempo libero nella campagna per la pubblicizzazione dell'acqua?
Andrea di Iorio: il comitato, a cui hanno aderito numerose associazioni, si propone di portare avanti a livello locale la fondamentale battaglia contro ogni tentativo di privatizzazione delle risorse idriche, coordinando le proprie attività e le proprie iniziative con quanto proposto a livello nazionale dal "Forum italiano dei Movimenti per l'acqua pubblica". Questa nuova esperienza di aggregazione cittadina, assolutamente apartitica e apolitica, ha trovato formalizzazione grazie ad associazioni e singoli cittadini fermamente intenzionati ad opporsi al processo di privatizzazione dell'acqua reso possibile nel nostro ordinamento dal recente decreto Ronchi. Il comitato è impegnato in tutta una serie di iniziative e di incontri tesi a sensibilizzare la popolazione locale sull'importanza della difesa dell'acqua quale bene pubblico e sul valore fondamentale della gestione e dello sfruttamento solidale della stessa. Le attività del coordinamento territoriale sono assolutamente aperte, non solo a tutte le associazioni che intendano prendervi parte, ma anche a tutti quei cittadini che ritengano opportuno fornire il proprio contributo a difesa di questo fondamentale bene. Come ho detto prima, l'acqua è un bene comune, va equamente condivisa e deve essere liberamente accessibile a tutti. E' una battaglia di civiltà, a difesa della vita; perché, come dice uno dei nostri slogan: si scrive acqua ma si legge democrazia!

Come è lavorare insieme a tante realtà associative?

Massimo Lupo: collaborare con le altre associazioni è davvero una bella esperienza. Oltre a conoscere persone nuove e confrontare le proprie idee, mi rendo conto sempre di più che le associazioni di volontariato riescono a tutelare gli interessi della popolazione in maniera più concreta dei partiti, dando la possibilità al cittadino di partecipare attivamente alla vita politica e sociale. L'attività di rete tra le numerose associazioni molisane che aderiscono al Comitato sta dando buoni frutti, anche se, ovviamente, la partecipazione alle iniziative non è numerosissima "a causa" degli impegni lavorativi.
Cosa avete appreso dal contatto con la gente e dal confronto su questioni fondamentali, come la gestione dei beni comuni? Vi è servita questa esperienza?

Delia Brienza: stare a contatto con la gente e confrontarsi su questioni fondamentali che hanno un impatto sulla vita quotidiana, ti insegna innanzitutto ad essere aperta ad ascoltare gli altri, ti stimola a lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi e, soprattutto, ti dà la consapevolezza di poter incidere sulle decisioni che solitamente restano confinate nelle riunioni di "palazzo". In poche parole ti insegna ad essere un cittadino attivo.
Sono tantissimi i giovani che come voi sono impegnati nei vari comitati territoriali in questa battaglia per l'acqua pubblica. Cos'è'? L'inizio di un nuovo modo di fare politica ?
Chiara Santone: lo scollamento tra Paese reale e Paese legale, la disaffezione per la partecipazione alla vita pubblica, la preoccupazione per i rigurgiti dell'antipolitica, per la disgregazione del Paese, per la fragilità dell'ethos condiviso, la qualità della democrazia, la necessità di politiche condivise per il lavoro, la vita, la famiglia e la salvaguardia dell'ambiente, rischiano di restare semplici enunciazioni se non riusciremo a trasferirle nella nostra quotidianità, riscoprendo il ruolo attivo e l'impegno di ogni singolo cittadino. Credo che nessuno di noi voglia cimentarsi con la politica partitica: come dice Giovanni Sartori "I partiti sono pure macchine di potere clientelare, niente di più. E non si riformano: o muoiono o continuano così, perché non c'è nessuna capacità di rimetterli in ordine." Siamo invece affamati di democrazia, intesa come potere attivato dal basso e condiviso dai cittadini ed è per questo che sentiamo questo tema come prioritario nelle nostre esperienze: iniziare dall'acqua, da qualcosa che dovrebbe essere un sentire comune, ci ricorda che solo schierandoci, partecipando, agendo, potremo cambiare qualcosa.
In Italia sono molti gli esempi (No Tav, no Dal Molin) in cui le rivendicazioni partono dai territori e dai bisogni delle persone: è sempre maggiore la consapevolezza che la difesa del proprio territorio e le decisioni riguardanti il suo sviluppo non possono essere lasciate solo nelle mani dei politici, cresce la voglia della cosiddetta "democrazia a chilometro zero". Siete disposti in seguito a portare avanti altre lotte, "partendo dal basso" e con lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione che avete dimostrato fino ad ora, per la tutela del nostro territorio, per i diritti di cittadinanza, per la visibilità delle future generazioni (lavoro, diritto allo studio...)?

Delia Brienza: sicuramente la lotta per l'acqua può essere considerata una battaglia a sé stante in quanto, seppure lo sforzo organizzativo è stato grande, coinvolgere i cittadini è stato più semplice che in altre situazioni. La dimostrazione sta nel fatto che poco dopo un mese dall'inizio della campagna è stato raggiunto l'obiettivo nazionale di raccolta firme, ben 500.000! Indubbiamente l'entusiasmo destato nella società civile è stato forte. Dovremmo tutti fare tesoro di questo successo ed in futuro continuare ad unirci per difendere i nostri diritti e soprattutto per continuare ad inseguire quella idea di società a noi cara.

Quanto conta il risparmio idrico e quindi far capire alla gente quali sono i corretti comportamenti quotidiani, sostenibili e consapevoli (per esempio l'uso dell'acqua del rubinetto, di riduttori di flusso e filtri, di sistemi per il recupero dell'acqua piovana...), da adottare per non sprecare questo liquido prezioso e sempre più scarso?
Chiara Santone: il sistema che si sta diffondendo, soprattutto a causa dei mezzi di comunicazione, ci induce a credere che non sia possibile cambiare la realtà e che essa va accettata così com'è, o meglio come vogliono che sia. Quello che accade, invece, non viene per caso, ma è stato pianificato da chi detiene il potere socio-economico, finanziario, politico e culturale, che usa lo strumento della rassegnazione per far accettare il tutto in maniera acritica e con metodi sottili. Viene fatto percepire alla gente che non si può far niente di fronte a questi sistemi così giganti e imponenti e le persone si sentono sempre più piccole e imprigionate in meccanismi da cui non riescono a liberarsi. Si tratta di una nuova rassegnazione che viene diffusa dal sistema mediante i mass media e per cui la gente si sottomette a quello che viene imposto, senza più la minima reazione o indignazione; è un metodo light per dominare le persone e soprattutto le loro coscienze, portandole ad accettare in modo acritico un modello di vita sempre più globalizzato. Ripensare ad un nuovo stile di vita riscatta le grandi possibilità che la gente comune ha di reagire di fronte a tutto quello che viene imposto, di non rassegnarsi al modello unico e di mettere in atto cambiamenti possibili; bisogna agire nel quotidiano, senza diventare eroi, ma cominciando ad utilizzare al meglio il grande bene comune che è l'acqua, fare la spesa giusta, ridurre le grandi quantità di rifiuti che produciamo ogni giorno. La gente deve percepire che nella sua vita quotidiana ha tante possibilità per mettere in atto nuovi stili di vita, senza fare cose straordinarie e senza andare lontano, ma trasformando l'indignazione in forza di cambiamento! È sempre più urgente e necessario rapportarci in maniera diversa rispetto alle cose. Il consumismo sfrenato ci ha condotto a possedere tantissime cose e dobbiamo constatare che viviamo un consumismo che ci consuma. Detto con altre parole, rischiamo di diventare servi delle cose fino a diventare cose-dipendenti e a lavorare solamente per consumare. Bisogna passare quindi da una situazione di servilismo alla relazione di utilità, per fare in modo che le cose siano utili per la qualità della nostra vita e non per il mito della crescita imposto dal mercato. Il consumo critico equivale ad una rivoluzione silenziosa che comincia dal nostro portafoglio; ciò non significa solamente potere di acquisto, ma anche poter scegliere e premiare chi ha comportamenti etici nel realizzare la filiera economica.
Si riuscirà in Italia, secondo voi, a vincere il referendum?

Massimo Lupo: dati gli ottimi risultati della raccolta firme (oltre 516.000 firme in 25 giorni), un record in confronto a tutti gli altri referendum passati, possiamo affermare che fra qualche mese andremo alle urne. Il forte interesse mostrato da parte dei cittadini ci incoraggia. Siamo fiduciosi sul raggiungimento del quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, anche se sarà indispensabile tenere vivo il tema dell'acqua con incontri ed iniziative visto che il silenzio dei media è assordante. Siamo convinti che pochi si opporranno a questi referendum, perché è impensabile opporsi al bene più prezioso che abbiamo sulla terra e anche perché, escludendo i partiti dal comitato promotore, si è evitata la pericolosa politicizzazione del tema che avrebbe dato all'acqua un colore, una bandiera e degli oppositori. L'acqua è un diritto fondamentale umano, appartiene a tutti! "Possiamo e dobbiamo vincere", afferma Alex Zanotelli nel suo appello per la nostra campagna referendaria, "Mobilitiamoci! È l'anno dell'acqua!"


Il Comitato, costituito da diverse associazioni culturali e di volontariato, dal mondo della Chiesa, ad esempio la Diocesi di Termoli-Larino e da singoli cittadini, organizza i punti di raccolta delle firme per la campagna referendari coordinandosi con il Forum italiano dei movimenti per l'acqua (www.acquabenecomune.org), diffonde le informazioni sui quesiti referendari e gestisce un blog (http://acquapubblicamolise.blogspot.com)

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