martedì 10 gennaio 2012

Il referendum, la politica nel contesto della crisi.

Considerazioni sul movimento dell'acqua. Con tanti "se" e tanti "ma".

Emilio Molinari
A pochi mesi dal referendum la disastrosa crisi finanziaria ha di fatto cancellato, la straordinarietà di quell'evento, nella memoria dei cittadini.
Per i lavoratori i pensionati, per la gente comune che ha votato, schiacciati da problemi



contingenti, l'acqua e il rispetto dei referendum sembrano passare in secondo piano. Purtroppo però l'amnesia ha contaminato gran parte del popolo di sinistra, ripiombato come sempre nel proprio incubo totalizzante: l'antiberlusconismo, senza idee, senza principi, senza alternativa. Anche per molti movimenti a noi vicini, la chiusura autoreferenziale o gli interessi corporativi, il referendum è ormai lontano.
“L'ineluttabilità del mercato” disarma la gente, crea paura, Berlusconi cade e questo è bene, ma che il popolo di centro sinistra esulti e finga di non vedere che non cade per iniziativa dell'opposizione e di un programma alternativo, non è di buon auspicio per la politica di questo paese, come non lo è non vedere che la crisi è mondiale e ha travolto oltre gli USA, la Grecia, la Spagna (ricordate Zapatero idolatrato dal centro sinistra? ) Il Portogallo, l'Irlanda ecc... Il governo italiano vara l'ennesimo programma a fotocopia, dettato giorno per giorno dai mercati.
Stiamo assistendo a qualcosa che non si era mai visto: il mercato e la speculazione, che vivono alla giornata, decidono la politica i programmi di lacrime e sangue per la maggioranza del popolo, commissariano le nazioni europee, formano i governi con propri esponenti.
Ma può la politica inseguire i mercati e vivere alla giornata?
Se così fosse, allora la crisi sarebbe ancora più drammatica perché la politica risulterebbe morta e il governo Monti sarebbe l'attestato di questa morte.
Inoltre la democrazia è in coma, quando la politica, agli occhi della gente meno abbiente e dei lavoratori, viene screditata, ridicolizzata dai comici e resa inutile.
Il programma è unico e le privatizzazioni, la svendita del patrimonio nazionale, restano un punto fermo per tutti.
Oggi, dopo il referendum, il movimento dell'acqua è più forte e più ramificato sul territorio però è innegabilmente in difficoltà.
La minaccia dell'ingresso del privato nelle SPA pubbliche è di nuovo all'ordine del giorno, Cremona e Salerno e persino a Milano ci sono assessori (Tabacci Sole 24 ore) che affermano la volontà di privatizzare anche l'acqua. Solo Napoli, dopo 6 anni di movimento, sembra avviarsi verso la ripubblicizzazione.
In un simile contesto, la strada della ripubblicizzazione ha ancora bisogno di accumulare forze, facendo leva su chi, sindaci e imprese, intende resistere alla spinta privatizzatrice sulle loro SPA in house e se possibile spingerle ad organizzarsi ed associarsi in comitati e in associazioni come Acqua Pubblica Europea presieduta da Anne le Strat e a cui partecipano tante SPA in house europee. E da qui ripartire per la ripubblicizzazione.
Forse possiamo puntare ad un asse Napoli-Milano-Bari, tre realtà che nell'immaginario popolare rappresentano le punte più avanzate della partecipazione.
Affrontare la nuova realtà nel confronto.
I cittadini, con il loro voto, hanno inteso, al di la degli specifici quesiti, affermare che tutti i servizi pubblici locali e il servizio idrico in particolare devono essere pubblici e l'acqua non deve generare profitti.
Ma oggi, non c'è istituzione italiana che interpreterà questo spirito del mandato popolare o anche solo e semplicemente il suo risultato. (nemmeno il Presidente Napolitano farà sentire la sua voce sulla palese violazione della Costituzione)
La crisi economica, devasta il vivere sociale, devasta la politica che dovrebbe dare risposte, così a noi, a tutti i movimenti sociali, vengono affidate inedite responsabilità, che non si possono più affrontare dentro la gabbia di consolidate certezze.
Tornando a noi.
Con il primo quesito (abrogazione della legge Ronchi) abbiamo eliminato solo l'obbligatorietà alla gara per tutti i servizi pubblici locali.
Da qui partono tutti i tentativi di smontare il referendum, violando la costituzione, con il bastone (le minacce di commissariamento) e la carota (il premio una tantum per chi fa entrare il privato):
- ignorando il responso referendario che toglie l'obbligatorietà alla privatizzazione per tutti i servizi pubblici locali e non solo per l'acqua;
- avvalendosi della libera facoltà dei sindaci di scegliere il tipo di gestione, per forzarli alle gare o alle fusioni, anche per il servizio idrico;
- e per il secondo quesito sul 7% di profitti, cercando cavilli giuridici per non attuarlo.
Una strategia che non ci lasci privi di continuità nell'iniziativa.
Privi di finanziamenti, isolati, ricattati dai partiti, spesso loro stessi indifferenti, privi di ogni visione politica per molti sindaci non sarà facile trovare il coraggio politico di respingere i bastoni, le carote e contrastare l'ingresso dei privati e intraprendere la strada della ripubblicizzazione (che malgrado tutte le nostre denunce non decolla).
Forse dovremmo dotarci di una strategia più articolata:
- Dovremmo sollecitarli ad associarsi in (sindaci ed imprese contro la privatizzazione); premessa indispensabile ad ogni percorso di ripubblicizzazione;
- Dovremmo affrontare il problema dello scorporo dell'acqua dalle multiutility, come Iren a Genova/Reggio Emilia, A2A a Brescia, ACEA a Roma, sapendo che sarà quasi inevitabile il passaggio dell'acqua in una SPA in house e che forse occorreranno interventi legislativi, calcolare e accantonare risorse per il recupero delle quote attinenti all'acqua (attingendo dal 7%, ruolo della Casa Depositi e prestiti?) tenendo presente che il 2013 e le elezioni sono vicine... e anche noi dovremmo attivarci nella campagna elettorale, misurarci coi partiti, con le coalizioni e con i programmi;
- Allo stesso modo dovremmo affrontare il nodo delle partecipate come quelle Toscane e anche in questo caso, individuando gli interventi nazionali e i passaggi graduali con i quali trovare o accantonare le risorse per riprendersi le quote dei privati;
- Dobbiamo impedire che la strada ormai tracciata ed evidente della privatizzazione porti, (svendendolo) l'intero servizio idrico italiano e parte di quello energetico nelle mani dei privati. Le SPA in house saranno messe a gara, le SPA quotate e non, in poco tempo diverranno totalmente private e il privato non sarà altro che: le ormai onnipresenti multinazionali francesi, più qualche banca internazionalizzata. La Cassa depositi e prestiti sarà funzionale a tale disegno e definitivamente trasformata in una banca privata al servizio delle privatizzazioni di tutte le infrastrutture italiane.
E' nell'apertura di trattative e nell'individuazione di percorsi, nel dare gradualità e tempi, sta forse ciò che può tenere aperte le porte dell'iniziativa dei comitati e determinare l'esistenza di un soggetto partecipativo legittimato a concorrere alla determinazione delle scelte.
Le contraddizioni politiche, passata l'euforia per il governo dei tecnici e avviandoci alle elezioni del 2013, si riapriranno sia nel centro sinistra, che nella Lega con il suo essere all'opposizione e al governo ed è su questo che occorre fare leva.
La campagna di obbedienza civile, va sostenuta senza riserve, ma non sfugge a nessuno quanto sia difficile la sua generalizzazione e la sua realizzazione in gran parte delle situazioni.
E se non decolla? la domanda è: esiste un piano B o ci limitiamo ad urlare contro tutti i partiti compresi quelli che danno qualche segno di ascoltarci?
E' possibile accompagnare questa campagna con una strategia più flessibile verso gli enti locali in cui l'ingresso del privato non è ancora avvenuto?
E' possibile una trattativa che non si limiti alla tariffa e al quantificare la riduzione della tariffa corrispondente al 7% dei profitti abrogati? Ma che forte di un rapporto con le realtà che non vogliono privatizzare, rimetta sui tavoli, l'insieme delle nostre proposte?
Affrontando i 50 litri gratuiti, la fiscalità generale, il risparmio d'acqua fissato nei piani di ambito, la progressività della tariffa, gli strumenti e le forme della partecipazione, le modalità di finanziamento del servizio, il reinvestimento nell'ammodernamento degli impianti e, (perché no), l'accantonamento generalizzato del Centesimo di euro ogni metro cubo, per la cooperazione internazionale, cercando anche nelle ONG interlocutori attivi.
La chiusura ai profitti per i privati è per noi scontata, ma possiamo al contempo pretendere (come a Berlino è stato fatto con un referendum) la pubblicizzazione dei bilanci, dei profitti, degli investimenti, della formazione della tariffa. E' cosa così disdicevole porre e perseguire con iniziative anche questi obbiettivi?
Una iniziativa per rimettere il movimento nell'agenda della coscienza popolare annichilita dalla crisi.
L'abbiamo forse scordato, ma il referendum l'abbiamo vinto perché abbiamo parlato per 12 anni il linguaggio universale dell'acqua, non abbiamo accettato il piano che i contabili volevano imporci parlando solo di tariffe, di soldi che non ci sono e di efficienza dei privati. E' necessario ritornare tutti a comunicare e formare.
La manifestazione del 15 ottobre ha comunicato cose negative, ha collocato l'acqua e il movimento, nello spazio di un'area politica e di una strategia precostituita più o meno antagonista. Siamo tutti antagonisti al neoliberismo, ma questo termine nel nostro paese non è un aggettivo, è una proposta politica, strategica e organizzativa, con alle spalle una lunga storia di sovrapposizione sui movimenti e di fallimenti.
La storia del movimento dell'acqua è cosa diversa, sta agli antipodi, è articolata, è frutto di un lavoro capillare locale, nazionale e internazionale, non urlato, non testimoniale, educativo delle coscienze, rivolto a tutti, ricostruttivo del perduto senso comune dell'interesse generale e della solidarietà con chi ne soffre l'assenza, è fatto di carovane nei punti caldi del mondo.
Il mercato e la politica
Il mercato cancella la politica, le istituzioni, il respiro universale e, ancora più grave, cancella l'idea di partecipazione.
Ricordare al popolo di sinistra e ai movimenti alcune verità è opportuno:
- vincere sull'acqua è vincere tutti e bisognerebbe concentrare le forze di tutti i movimenti per respingere l'attacco al referendum sull'acqua;
- fare politica non è la cancellazione dei partiti, ma non può più essere la ricerca del potere, non può più essere l'esercizio, spesso tifoso, di far vincere il proprio partito, la propria squadra, la propria ipotesi più o meno coerente, rivoluzionaria o riformista che sia..
- Fare politica è, prima di tutto, far crescere la coscienza e la partecipazione del popolo e costruire un nuovo senso comune tra la gente.
- la politica sta oggi in bilico tra il “coma profondo” procurato dal mercato e la “vita” che i movimenti le infondono con i loro contenuti.
A loro tocca la grande responsabilità di riscriverla ...
Riprendere la nostra storia.
E' necessario limitare gli angusti spazi dei dilemmi sulle forme aziendali, ci rendono rissosi tra noi e immiseriscono la forza del nostro messaggio.
Occorre riprendere ancora l'insieme della narrazione dell'acqua, il diritto umano, il nesso con la crisi finanziaria, con una agricoltura e consumi insostenibili, con la natura che ci presenta i conti, con i limiti del paradigma della crescita, con i tagli della spesa pubblica, ecc... Abbiamo parlato di un nuovo senso comune affermando che i Diritti Umani non sono cancellabili dall'andamento dei mercati.
Che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 non è cosa che si sospende sulla base dei responsi di Standard and Poor, perché sono punti fermi del percorso della civilizzazione umana.
L'acqua sta rendendo visibile e percepibile alla gente la rottura di ogni relazione collettiva nella nostra società, la tragedia delle alluvioni, i mutamenti climatici, il degrado del territorio e del patrimonio culturale del nostro paese, la decadenza delle reti dei servizi pubblici.
In una parola la messa in sicurezza del nostro paese come risposta politica e una occasione di rilancio occupazionale che fa a pugni con i tagli della spesa pubblica.
E ancora, rispondere al “dove trovare i soldi” colpendo la speculazione finanziaria con la patrimoniale o con un movimento mondiale sulla Tobin Tax è cosa che riguarda il movimento dell'acqua dentro ai Forum Sociali Mondiali e nel Forum Sociale Europeo entrambi in piena crisi.
E' incredibile pensate: i Forum Sociali Mondiali hanno lanciato la Tobin Tax quando le istituzioni di tutto il mondo la osteggiavano e la ignoravano, ora che ne parlano molti governi, il Forum Sociale Mondiale tace, non ne parla più.
Forse è il momento di riprenderla nell'ambito delle delibere di iniziative popolari europee che si intendono lanciare.
Dopo il referendum.
Subito dopo la vittoria c'è chi ha pensato che si chiudeva un ciclo di 12 anni e che pertanto dovevamo proiettarci verso un più ampio movimento dei beni comuni.: dall'acqua, ai servizi pubblici, dal lavoro ad internet ecc...
Dentro tale prospettiva l'acqua diluisce la propria forza e non serve nemmeno alla crescita di altre narrazioni. Quali sono beni comuni? Ma sopratutto: quale comune denominatore, quali obbiettivi comuni, quale vertenza li può tenere assieme?
Altri hanno pensato alla nascita di uno spazio alternativo, di lotta dentro al quale far convergere tutto ciò che si scontra nei territori e nel sociale (dalla TAV ai precari).
Entrambe sono state delle scappatoie che hanno allentato la nostra guardia.
Quali e quanti sono i beni comuni è un esercizio che ci porta solo a teoriche disquisizioni: il lavoro è un bene comune? L'acqua è un servizio pubblico come gli altri?
Oggi i beni comuni da affrontare in modo convergente sono i grandi elementi della vita: Aria - Acqua – Terra/cibo - Fuoco/Energia, caratterizzati da Esauribilità, Indispensabilità, Insostituibilità, Universalità del diritto, necessità di partecipazione.
Auspicabile è la crescita di narrazioni mature su questi beni fondamentali, che possano trovare poi convergenze ed obbiettivi comuni.
Oggi un movimento con la stessa o forse superiore maturazione di quello dell'acqua è il movimento sulla Terra, la sovranità alimentare, il cibo sostenibile, dell'agricoltura compatibile e della difesa del territorio dal degrado; l'altro può essere quello dell'energia.
Tra questi vanno trovate convergenze.
Il movimento dell'acqua ha cercato consenso tra tutti, non “l'avversità” verso tutti. Il movimento dell'acqua può e deve essere un modello per il nuovo ciclo di lotte e di pensiero, che si annuncia con i giovani in piazza a New York, a Madrid e con i ragazzi che spalano il fango a Genova ecc...
Anche per loro la chiusura nel recinto degli antagonisti, è un qualcosa con cui dovranno fare i conti.
Abbiamo parlato a tutti.
Pensiamoci: 27 milioni di italiani hanno votato il referendum. Da oltre 30 anni il PCI/PD, con alchimie politiche, insegue un “centro” senza mai riuscire ad acchiapparlo ed ecco che il movimento dell'acqua su di un tema forte, che da solo può esemplificare il cammino dell'alternativa politica, ha conquistato il centro, la destra, i credenti e i non credenti e questo deve pur insegnare qualcosa a tutti i movimenti accomunati nella duplice crisi in cui si dibatte il mondo.
Forse non abbiamo riflettuto sufficientemente su:
Quale modo di fare politica, quale rivoluzione culturale sta dietro allo straordinario risultato del referendum?
Quale responsabilità viene consegnata oggi ai movimenti?

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