martedì 1 giugno 2010

"Quello dell’IDV non è un referendum per l’acqua pubblica" , Alberto Lucarelli

Alberto Lucarelli, ordinario di istituzioni di diritto pubblico all’Università degli studi di Napoli “Federico II” ed ex candidato indipendente per l’IDV alle scorse elezioni europee, è tra i redattori dei tre quesiti del referendum sull’acqua pubblica, promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua.


I tre quesiti depositati in Cassazione il 31 marzo scorso in sintesi riguardano:

L’abrogazione dell’art. 23 bis della legge 133/2008, il quale prevede la privatizzazione della gestione dei servizi idrici attraverso un progressivo abbassamento sotto il 50% delle quote azionarie che ancora i comuni detengono nelle ex municipalizzate.
L’abrogazione dell’art. 150 del d. leg. 152/2006 del “Codice dell’Ambiente” che definisce l’affidamento del servizio idrico con la gara o tramite società per azioni a capitale misto/ interamente pubblico (logica che si vuole contrastare: le spa devono remunerare il capitale e fare profitto indipendentemente dalla qualità d’offerta dei servizi alla collettività).
L’abrogazione dell’art. 154 comma 1 del Codice dell’Ambiente che dispone “la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’adeguatezza del capitale investito” (logica che si vuole contrastare: il 7% in più della bolletta è garantito al gestore rappresentando “l’incentivo” a fare affari con l’acqua).
Se tutto andrà come previsto, ovvero verranno raccolte minimo 500.000 firme e la Corte Costituzionale verificherà con esito positivo l’ammissibilità dei quesiti, si voterà per il referendum abrogativo nel 2011.

Il professor Lucarelli, intervistato, sostiene che il referendum abrogativo per l’acqua pubblica è “un unicum” perchè “questa è la prima volta in Italia che vengono proposti quesiti referendari ad iniziativa di una cosi ampia coalizione che proviene da quella che amo definire “cittadinanza attiva”, piuttosto che “società civile”, cioè cittadini che stanno studiando e partecipando al dibattito sull’acqua da anni e che non sono improvvisati né strumentalizzati da partiti”. In sostanza i partiti non fanno parte del comitato promotore del referendum. Inoltre il professore spiega che “da quando è entrata in vigore la legge Galli, la norma che ha dato il via al processo di liberalizzazione del servizio idrico, gli investimenti sono diminuiti di circa due terzi, le tariffe sono aumentate del 60% circa, si è verificata una dispersione/ cattivo utilizzo delle risorse pari a circa 60%- 65%, e una riduzione importante del personale (anche di quello specializzato per fare i controlli) con esternalizzazioni e la proliferazione di tante micro società provocando cosi problemi sociali, economici e anche occupazionali.”

Per leggere integralmente questa parte dell’intervista rimando a ConTesti

Il tema su cui voglio soffermarmi per Av è però questo:

G. E: Mi piacerebbe che mi aiutasse a capire, in veste anche di ex candidato indipendente dell’Italia dei valori per le scorse europee, la diatriba tra l’IDV e il Forum dei movimenti per l’acqua sulla presentazione dei quesiti referendari. L’IDV ha depositato un altro quesito sull’acqua pubblica oppure ha depositato in forma corretta un quesito già depositato in Cassazione dal partito il 17/12/2010, come ha dichiarato l’IDV Molise? Soprattutto che senso ha tutto ciò e quale referendum dobbiamo firmare?

I referendum presentati dal Forum dei movimenti per l’acqua non hanno niente a che vedere con quello presentato dall’Idv, che attacca solo e unicamente il decreto Ronchi e tende a riportarci alla situazione precedente in cui già era stata introdotta la privatizzazione delle risorse idriche: non si può affermare assolutamente che quello dell’IDV sia un referendum per l’acqua pubblica perché lascerebbe in maniera pressocchè invariata la possibilità alle società, ancorché pubbliche, di sottostare al diritto societario e cioè di non essere sottoposte al controllo della Corte dei Conti e ancora, in quanto Spa, di essere orientate ai profitti potendo anche delocalizzare e differenziare i prodotti. Le società per azioni, come ovvio, non rientrerebbero nella logica del diritto pubblico ma in quella di diritto privato. L’obiettivo chiaro del referendum per l’acqua pubblica è invece quello di gestire il servizio idrico attraverso il diritto pubblico con aziende municipalizzate o aziende speciali, soggette comunque al Comune.

G.E: Ma perché riproporre adesso il quesito da parte dell’IDV? Non si rischia cosi di far fallire il referendum o di strumentalizzarlo?

A.L.: Evidentemente l’IDV vuole salvaguardare le spa pubbliche, lasciando trapelare cosi una volontà non veramente pubblicistica. Poi c’è un problema di visibilità: l’Idv nel referendum promosso dal Forum dei movimenti per l’acqua non avrebbe potuto far parte del comitato promotore ma solo di quello dei sostenitori (dove adesso ci sono Verdi, Rifondazione, Sinistra e Libertà etc). Non da ultima la questione economica: presentandosi nel comitato promotore e raggiungendo 500.000, al di là del risultato del referendum, si incassano un sacco di soldi pubblici.



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